1999 VENEZIA-MESTRE, Galleria «San Giorgio»
- 2001 S.DONA’DI PIAVE, Centro Culturale «Leonardo da Vinci» (catalogo)
- 2001 POLA- Croazia, Galleria «Cvajner»
- 2003 CARRARA, Centro «Interart»
- 2003 CECINA, Centro Esposizioni «Mobili Parietti»
- 2004 CASTIGLIONCELLO, Villa S.Niccolò
- 2004 FIRENZE, Spazio espositivo «Caffé Nannini»
- 2005 VENEZIA, Galleria “Venezia Viva” Centro Internazionale della grafica
- 2006 VENEZIA -MESTRE, Galleria “S.Giorgio”
- 2007 PISA, Spazio espositivo Cinema “Lumière”
- 2008 CAPRI, Centro Culturale “Ignazio Cerio”
- 2009 SALA CONSILINA Salerno, Galleria d’Arte moderna DI BISCEGLIE
- 2012 SAN DONA’ DI PIAVE, Centro Espositivo Consorzio Bonifica
- 2017 TEGGIANO, Salerno, Complesso Monumentale “SS.Pietà”
- 2017 CAGGIANO, Salerno, Palazzo Oliva
Collettive
2000 PISA Basilica di S.Zeno,Minigrafica e pittura
- 2003 PISA Palazzo Gambacorti, Minigrafica e pittura
- 2004 CINQUALE DI MONTAGNOSO Massa, “Aghinolfiana”
- 2004 S.DONA’ DI PIAVE, Centro Culturale «L.Da Vinci» Mostra “I nostri Tesori”
- 2005 S.DONA’ DI PIAVE, Centro Culturale «L.Da Vinci»: «Pittura e forme nel ‘900» (Catalogo)
- 2005 PISA, Galleria Centro Artemoderna “Oscillazioni Contemporanee”
- 2005 FIRENZE Biennale Internazionale dell’Arte 2005 (Catalogo)
- 2006 BOLOGNA, “Galleria 18” BOLOGNA
- 2006 VENEZIA, Galleria “Venezia Viva” Rassegna sul Carnevale Veneziano
- 2007 PISA Basilica di S.Zeno, “Trame d’Artista” L’arte al femminile in provincia di Pisa (Catalogo)
- 2007 VENEZIA, Galleria Venezia Viva “Artista in-formato”
- 2008 FIRENZE, Galleria “La Pergola”
- 2008 USA- EuART arte italiana in USA, Boston, New York “MicroMuseum”, Brooklyn (Catalogo)
- 2009 FIRENZE, Palazzo Panciatichi –“Premio Firenze 2009”
- 2010 LONDRA, The Brick Lane Gallery “Art in Mind”
- 2011 LIVORNO Museo Mediterraneo, “Donne e Lavoro”
- 2011 PARMA, “Artistinmostra” Fiere di Parma (Catalogo)
- 2011 PARIGI, Espace Kiron, “Art italien contemporain” (Catalogo)
- 2013 GENOVA, Satura Gallery, (Catalogo)
- 2013 VOLTERRA, Palazzo dei Priori, “Volterra in Arte 2013”
- 2016 PISA, Artiste Toscane per l’ 8 Marzo
- 2018 VENEZIA, Venezia Viva, Artista in-formato “Bestiario”
- 2018 TORINO, Museo MIT “Vision Board” Arte come desiderio
- 2019 VENEZIA, Venezia Viva, Artista in-formato “Ognuno giochi la sua carta”
Premi
- “Segnalata speciale” alla mostra internazionale di minigrafica e pittura, PISA anno 2000
- “Finalista” alla stessa manifestazione del 2003
- “Finalista” Premio Firenze 2009
Critica
- Giorgio Segato, Critico d’arte Professore Università di Padova,
- Gorka Ostojic’ Cvajner – Storica dell’Arte, membro dell’Associazione Europea Critici d’Arte, Croazia
- Mario Stefani, Critico d’arte Giornalista “Il Gazzettino di Venezia”
- M.Maddalena Torricella, Storica dell’Arte, Taranto
- Paola Martini, Giornalista critica d’arte Galleria Civica S.Donà di Piave
- Dag O’ Pegrén Painter and Poet Official Member of ”Swedish Artists” Svezia
- Enzo Di Martino, Giornalista critico d’arte “Il Gazzettino di Venezia”
- Ivo Prandin, Giornalista e scrittore “Il Gazzettino di Venezia”
- Micael Musone, Critico d’arte Galleria “La Pergola” – Firenze
- Lilia Daneluzzi, Critica d’Arte Redazione “Venezia Viva” – Venezia
- Erica Romano, Storica dell’Arte, Firenze
- Bruno Rosada, Storico, Critico letterario e d’Arte – Venezia
- Elena Colombo, Curatrice d’Arte, Genova
Bibliografia
- “Immagine Provincia” – Presentazione di Umberto Eco- UPI Editoria Roma, 1986
- Paola Martini “Pittura e Forme a S.Donà nel ‘900” –Comune di S.Donà di Piave, Ed.Galleria Civica d’arte Moderna e Contemporanea 2004
- “ILGIORNALE DELL’ARTE CONTEMPORANEA” – Rapporto Annuale 2004
- Lilia Daneluzzi “Elena Murer, La terra e il viaggio” – “Venezia Viva” numero di dicembre 2005
- John T. Spike “The Florence Biennale 2005 “
- Elena Lazzarini “Trame d’Artista” Arti al femminile nella Provincia di Pisa –Pacini Editore 2006
- “Arte Mondadori” – Artisti Toscani 2007 n.410 Ottobre 2007
- Sandro Serradifalco “Avanguardie Artistiche 2008” – Centro Diffusione Arte Editore – Palermo
- Fabrizio Borghini, Filippo Lotti “Artisti Pisani del XXI secolo” – Bandecchi & Vivaldi Editore 2008
- EUART A Love tribute of Italian Contemporary Artists to the US – 2008
- XXVII PREMIO FIRENZE – Eco d’arte moderna – Il Candelaio Edizioni Firenze 2009
- Catalogo Artistinmostra artefiera di Parma
- “Europa in Arte 2011” catalogo internazionale di arte contemporanea – Ed. Platinum Collection
- “Art Italien Contemporain” – Platinum Collection – Kiron Espace Paris, 2011
- PROFILI D’ARTISTA – Percorsi d’Arte Contemporanea, Edizioni Satura Associazione Culturale, Genova 2013
Nei siti
https://www.singulart.com/it/artista/elena-murer-21665
- www.saatchigallery.co.uk/yourgallery/artist_profile/Elena+Murer/12602.html
- www.monkdogz.com http://art-in-europe.com
- www.cloudappreciationsociety.org
- www.absolutearts.com
Membership
- Club dell’Incisione “Venezia Viva” – Centro Internazionale della Grafica – Venezia
- Associated to ‘Agora Gallery’,NY, USA
Mie opere figurano presso collezioni private in Italia e all’estero, nonché presso Istituzioni pubbliche e gallerie.
TESTI CRITICI :
“Viaggi mai visti” Erica Romano, Storica dell’Arte, Firenze
Viaggi mai visti è un titolo che esprime l’idea, il modo e il senso ultimo del lavoro dell’artista Elena Murer. E’ di paesaggi visionari e trasognati che si tratta infatti e che, come una finestra su un mondo altro e altrove, si aprono davanti agli occhi dello spettatore, invitandolo a esplorare quella realtà diafana e impossibile. Sono forse viaggi mai fatti o forse sì, dove ora sembra riconoscibile qualcosa di noto e familiare, ora le forme sembrano invece suggerire ambiguità, attraversate da segni e toni comuni.
Ma in questo non si può che osservare una singolare straordinarietà, ossia avere a che fare con immagini indefinibili che suscitano fascino e che allo stesso tempo sono definibili, rappresentando qualcosa di concreto e afferrabile.
Elena Murer ribalta così le sorti dei sogni e avvolge il suo pubblico restituendo la realtà di tale dimensione. Non è dato sapere se esistono e dove si trovano quei luoghi e quelle atmosfere, ma poco importa se nella geografia dei nostri atlanti di carte fisiche non si trovano le esatte coordinate di quegli spazi immensi che il quadro in sé racchiude, poiché essi lasciano intuire ovunque e comunque paesaggi infiniti. Le coordinate di queste visioni sono infatti del tutto interiori, vivono nell’immaginazione dell’artista e di ognuno, generate sia dalla profonda osservazione della natura e di tutte le sfumature dei sentimenti dinanzi alla vita e alla sua eperienza, sia da ricordi personali che si mescolano fra loro e che vengono epurati e restituiti in una realtà sempre attuale, come verità che non tramontano.
“Elena Murer: le densità dell’emozione”
Prof. Giorgio Segato, Critico d’Arte Università di Padova
La pittura di Elena Murer si gioca tutta sulle densità atmosferiche rese, con singolare capacità di manipolazione cromatica e di sintesi strutturale, a pastello a olio, adatto a compattare le campiture e ad accentuare modulazioni tonali, pieghe, segreti giacimenti di accensione cromatica, ora verde, ora gialla, ora viola o ocra, come tesoretti emotivi della memoria sensitiva.
Il dato tecnico diventa di per sé importante, perché comporta una più definita fisicità della trascrizione e della scansione pittorica. Il pastello, infatti, consente di saturare lo spazio dando all’immagine una pastosità insieme leggera e compatta, una matericità non ancora solidificata, in certo senso magmatica, fluida e cangiante nelle combinazioni di colore, di spessore, di trasparenze, di luce, essendo proiezione di sensazioni della memoria e di affioramenti di sedimentazioni dagli strati fondi dell’esperienza, accompagnate dai riverberi dei sentimenti, dal “risentire” come ricordo, restituzione al cuore di una partecipazione sensitiva che nuovamente abilita e mobilita il pensiero, il racconto, l’immaginario, l’onirico.
Quelle di Elena Murer sono davvero più visioni che vedute, appuntarsi dello sguardo sui luoghi del cuore, sulle lande che l’emozione esistenziale suggerisce, ispira, o a volte esige come pagina ora algida, ora calda, ora per larghe tese ed immote campiture, ora, invece, per ferventi ritmi e baluginare di luci, nella quale s’inscrive il rapporto intimo con la natura e con il proprio mondo interiore, i bisogni, i desideri, le inquietudini del vissuto.
C’è nel pastello una qualità particolarmente alta di traduzione diretta dei nuclei espressivi, dei “nodi” che si sciolgono nella febbrile, attenta e insistita gestualità manipolativa più diretta e ricca che in altre tecniche.
Gesto e densità atmosferica come possibilità evocativa e di immersione nello spazio di una memoria tenera ed elastica, accogliente e reattiva sono peculiarità evidenti altamente pregevoli di questi lavori di Elena Murer che continua con essi ed in essi una sorta di dialogo intimo con lo spazio, quello psicologico che si dispiega nell’emozione e quello reale rivisitato nella memoria, ricomponendo le tracce lungo le ripercussioni e le risonanze dei sensi.
Lo spazio e la visione di dentro continuano nello spazio e nella visione di fuori, dipinta, acquisendo, in virtù della tecnica, quella densità che consente un dolce naufragio, un abbandono all’onda del ricordo e dell’abbraccio per immersione, ben più “tattile” e panico che visivo, nonostante le non ampie dimensioni delle opere.
Elena Murer plasma le profondità, le luci, i magici riflessi interni di questi spazi reali e mentali insieme, contemplati con lo sguardo di una memoria attenta che rielabora l’esperienza sul piano della visione poetica, della sintesi di forma e colore, con pochissime concessioni descrittive per non turbare l’incanto, il rinnovarsi della meraviglia, il dilatarsi del respiro dell’emozione e l’espandersi di questa dal piano dell’esperienza individuale e psichica a quello della dimensione cosmica in cui tutta l’energia della materia e della psiche confluisce e si amalgama.
La semplicità dell’elaborazione visiva è tensione a questa unita, giungendo ai limiti della rappresentazione, lì dove il paesaggio reale diventa anche paesaggio dell’anima, fluire costante dell’energia, materia/spazio in differenti modulazioni e condensamenti, che il pastello a olio modella, distende, sfuma, armonizza in campiture, ritmi, contrappunti e contaminazioni che hanno capacità di registrazione atmosferica e ambientale (Vulcano, Il boschetto, Iceberg, Palude, Vento, Ricordo, Marte) e, insieme, anche di evocazione delle inquietudini intime di fronte al tempo e allo spazio, alla cristallina spazialità glaciale e all’erompere del calore, del fuoco, come limiti estremi del sentire e dello scorrere dell’esperienza esistenziale tra solitudine e amore, tra partecipazione, solidarietà e isolamento, indifferenza, così come tra materia pesante e materia psichica, tra realtà e immaginazione poetica, lirica.
Venezia 1999 – Galleria D’Arte Moderna “S.Giorgio”
“Paesaggi primordiali fra angosce e proteste” Elena Murer alla Galleria “S.Giorgio”
Mario Stefani, Critico d’Arte, Giornalista
“Paesaggi primordiali, quasi emersi dall’inconscio, in una solitudine antica, tra materia, così ben modellata ed elaborazione poetica, in un gioco assai arduo di campiture e di colore tendenzialmente monocromatici. Affiorano angosce e proteste, inquietudini, in una rappresentazione materica.
Paesaggi vulcanici, che potrebbero ricordare Marte nei suoi silenzi ancestrali, non turbati dalla presenza dell’uomo”.
Il Gazzettino di Venezia – Gennaio 2000
“Quel silente dialogo con i paesaggi dell’anima”
Gorka Ostojic’ Cvajner – Storica dell’Arte, membro dell’Associazione Europea Critici d’Arte, Croazia
La scelta delle opere per questa mostra, opere nate nell’arco fra il 1998 e il 2001, dipinte nella tecnica dei pastelli a olio, prediletta dall’autrice e a lei più congeniale, è un omaggio alla sua passione per il paesaggio che essa, servendosi di elementi espressionisti, riduzionisti, e soprattutto dell’astrazione lirica, provvede a esplorare.
E’, codesto, un mondo assolutamente immaginario – perfino quando ci parla di nomi geograficamente reali -, un’individualizzazione particolare della sua (ridotta) iconografia, dalla morfologia consistente, di struttura solida, dall’intonazione poetica affatto peculiare, una contemplazione artistica immanentemente retrospettiva e sorprendentemente universale.
I suoi paesaggi esteriori e interiori sono sia reali che metafisici, sono definiti dall’atmosfera e del tutto sprovvisti di supporti simbolici. I pastelli sono altrettanti enunciati della sua riflessiva sentimentalità che fa dialogare contemporaneità e atemporaneità, in forme e fattezze di ascendenze pressoché primordiali.
E anche quando la percezione del paesaggio reale le attualizza, le raffigurazioni contengono un solido, contemplativo punto d’appoggio, del tutto estrinseco ai lemmi del consueto e dell’usuale.
Per questo si presagisce la presenza dell’essenza, più spirituale che fisica, ovvero la suggestione di un mondo appartenente a qualche altra realtà. I suoi paesaggi si rivolgono contemporaneamente allo spirito e al sentimento, in maniera intima e diretta, tramite raffigurazioni micro e macrocosmiche che emergono da ciò che è riconoscibile oppure dall’astratto, dal segnico o dal descrittivo, dal geologico o dall’organico.
Lo spiccato ermetismo concettuale inibisce l’effetto esteriore, e di conseguenza il colore è asceticamente raccolto, di timbro smorzato, elaborato nei toni.
Ne risultano concisione morfologica e purezza contenutistica improntate a un raffinato senso della riduzione, ove soprattutto è preziosa la peculiare ispirazione poetica.
Proprio perciò i pastelli di Elena Murer lasciano un’impressione profonda, sia visuale che emotiva, sorretta infine da un eminente livello tecnico di abilità grafico- pittorica.
Pola, Croazia 2001 – Galleria Cvajner
Elena Murer “La terra e il viaggio”
Lilia Daneluzzi, Galleria Venezia Viva – Venezia
Il tema naturalistico sta alla base di ogni aspirazione artistica di Elena Murer che propende a un’accezione fantstica del mondo circostante.
La natura rappresenta per questa a rtista l’unica vera “opportunità” per costruire un piano spaziale infinito e senza orizzonti. I pastelli ad olio su carta presenti alla mostra, attraverso la trasparenza del colore, la suggestiva ricerca cromatica, e soprattutto l’ampio respiro della composizione, liberano vibrazioni liriche informali e pulsioni interiori significative.
I paesaggi colti dall’osservazione del reale debordano nell’ideale, diventano realtà interiorizzate e quindi reinventate.
Il percorso creativo di Elena Murer avviene non soltanto in virtù di una sapienza esecutiva ma anche per la capacità di condurci in un viaggio in cui le sensazioni e le emozioni di condensano nella fastosità della natura e nella preziosità del colore. Colore che dà effetto e significato alle immagini e identifica l’atmosfera.
Le profonde introversioni si alternano a zone di quieta contemplazione dove l’artista conduce i suoi pastelli colorati a permeare la campitura cronmatica inattesa con aintenzioni, sì evocative, ma ugualmente rivolte a una sensibile narrazione pittorica.
Venezia 2005 – Galleria “Venezia Viva”
“L’Eterno”
Maria Maddalena Torricella, Storica dell’Arte
Dipingere come precetto, dipingere per respirare, dipingere per vivere.
Non servono gli strumenti, ma i sensi.
E’ con quelli che Elena Murer lavora e scava nella propria anima, per intrappolare attimi di vita vissuta sulla carta bianca, che abbandona magicamente la sua bidimensionalità per rappresentare, attraverso le pieghe sinuose di paesaggi “ricordati”, emozioni.
Visioni oniriche si alternano a immagini più nitide. Non importa che si riconosca il soggetto, l’autrice non lo pretende. Chiede, al contrario, totale abbandono, fiducia, affiché ognuno di noi possa immergersi senza riserva nella materia, che stesa con le mani sulla carta e sulla tela, crea la forma.
Non sempre sono “caldi “ i nostri ricordi, ed è per questo che a forti bagliori di luce, si contrappongono attimi “freddi”, ma intimi ed eloquenti.
Il desiderio recondito di ognuno di noi di fissare l’attimo, di imprimerlo indelebilmente nella propria mente diventa l’Eterno.
Venezia 2005
Elena Murer, Italy ”Dream” – Oil pastel on paper
Dag O’ Pegrén Official member of ”Swedish Artists” Svezia
Elena Murer lives and works in Pisa and has “quite a collection of very fine artistic work in her bag through the years”.
She is a very sensitive/sensible soul with a mild, gentle air of a pleasant being in her appearance. Both on the outside and I believe in her inner life.
She really is a fine artist and a woman with her clear – almost melancholic – eyes and a gentle touch in her hands.
As can be experienced in her artwork.
Here we can feel “high temperature glowing under the surface”. I just surrendered – come rain or come shine!
The Florence Biennale 2005
“Oltre i Paesaggi”
Ivo Prandin – Giornalista e scrittore,
Redazione cultura dello storico quotidiano di Venezia “Il Gazzettino”
Il vento è paesaggio? E lo è il tramonto?
Entrando nella pittura di Elena Murer domande come queste sono pertinenti. Infatti, quando si guarda un paesaggio dipinto vediamo una rappresentazione, cioè un’espressione dell’ingengo, della fantasia umana, non la natuale scenografia del mondo circostante nel cui dominio, comunque, viviamo.
Nei dipinti di Elena anche il vento è paesaggio.
Questa parola ormai è diventata difficile da interpretare : non basta dire che “paesaggio” contiene – e fa intendere – cose diverse secondo la sensibilità dei tempi. In effetti, solitamente parliamo di ambiente naturale, di dolci linee ondulate, di acque e di boscaglie che, tradotti in un dipinto o in una incisione, diventano cultura.
Elena Murer queste cose le sa, non le cerca e nemmeno le dipinge. Cerca una via personale, e così, come per la poesia “che viene dal cuore”, le sue opere nascono dentro di lei.
Lei si fa specchio della realtà, ma è uno specchio infedele/deformante per la semplice ragione che è pensante.
Nell’esperienza comune, l’atteggiamento verso il paesaggio è riducibile a tre modi, che riflettono diversi livelli di sensibilità, inclusa quella più popolare: è un motif ricorrente e inesausto, fino alla cartolina illustrata; è qualcosa che sa di mentalità sorpassata, al punto che si preferisce ignorare la parola stessa; e c’è poi la “coscienza ecologica” che non riguarda propriamente l’opera d’arte ma il paesaggio in sé.
Elena ama la Natura. Non saprebbe vivere senza, e infatti intrattiene con essa un dialogo continuo: sa che la sua stessa vita è espressione di natura. Ma non la “mette in posa”, non la “ritrae” e, soprattutto, non la copia per soddisfare una propria esigenza estetica. Piuttosto che strozzarne la grandiosa anima su una tela, preferisce inventarsela.
Anche Picasso, rivoluzionario manipolatore e sradicatore della figura e del reale in genere, ha coltivato il paesaggio inteso come scenario ambientale. Se ne trovano esempi in grandi collezioni pubbliche. Ricordo la sorpresa di una figurazione di montagne vista a Vienna e di una Marina del Midi francese, forse Cannes. Quest’ultima l’ho persino copiata da un catalogo e la conservo come un personale omaggio al genio, come un modesto d’après.
Ma quali paesaggi, dunque, sono quelli di Elena Murer?
Cominciamo col dire che, in essi, ogni valenza realistica è esclusa. Possiamo parlare di indistinto/evocativo come caratteristica fondamentale della sua pittura, notare l’assenza di colori naturalistici “forti” e la presenza di turbini di luce astratta, di aurore boreali. Dove li ha trovati?
Il vento e le stagioni, il vicino e il lontano nello spazio e nel tempo, i vapori e i fluidi che fanno combaciare cielo e terra (ah, la terra compagna dell’esistenza!), un silenzio particolarmente carico di significato, una sera… Il paesaggio come categoria del vissuto, come cartina di tornasole di un’appartenenza?
Echeggia nei titoli – esplicitamente dettati da lei – un riferimento alla realtà, al vero. Ma è un vero filtrato, per cui “Terra”, “Sole”, “Forte”, “Sogno”, etc. indicano un punto di partenza, il seme dell’origine, la nascita di un’idea, ma non indicano la pianta che da quel seme è germogliata, cioè l’opera compiuta.
Insomma, diciamo che sono paesaggi immaginati, spesso ricordati, spesso sognati.
Sono proiezioni di sogni, dunque scenari onirici? Dunque elementi scenografici del suo immaginario?
Sono anche questo. Sono trasfigurazione di paesaggi reali, di una geografia conosciuta e vissuta.
Qualcuno è simile a un appunto mentale per sviluppi successivi. La Natura è una sirena il cui canto riesce a stregare, a legare, a far sprofondare nel corpo silente e da lì, presa da turbamento, l’artista porta con sé, al ritorno, forme fuggitive come apparizioni.
Il vento spira dove vuole, nella vita come nell’arte. Ecco allora che il polline di altre arti diverse dalla pittura – come la musica , come la letteratura – si diffonde ovunque e dà origine a visioni.
Certi dipinti possono essere ispirati da un romanzo, da una poesia o da una fiaba. Quando non siano l’eco di un concerto.
Di sé Elena Murer ha scritto: “Dipingo ciò che vedo se chiudo gli occhi. e quando chiudo gli occhi vedo tutti i mondi possibili, quello vissuto, quello desiderato, quello che non ho mai potuto visitare… ed è lì’ che vivo”. Dichiarazione molto poetica in cui ritroviamo dietro quelle palpebre i fosfeni di Andrea Zanzotto che le i traduce in immagini dinamiche.
Con tutto il rispetto per l’artista, io aggiungo che noi spettatori o fruitori, o semplicemente visitatori curiosi o collezionisti, arriviamo quando il processo creativo è finito, chiuso, con il suo fervore e i suoi tumulti. Noi partecipiamo a emozioni cristallizzate nell’opera dipinta e la interpretiamo secondo la nostra sensibilità.
Ecco allora una mia personale sensazione suscitata da questi “Paesaggi dell’anima”. Direi di chiamarli paesaggi-passaggi. In effetti, l’attrazione che proviamo sembra venire da un oltre che chiama e trascina. Forse dovremmo scriverlo con la maiuscola: un Oltre di cui intuiamo la presenza e la forza grazie a una luce, un’atmosfera che ci parlano di uno spazio metafisico.
E‘ là che ci invita l’artista, è là che possiamo incontrarla. Il passaggio segreto è lì davanti a noi, nei suoi dipinti.
Venezia 2006 – Galleria d’Arte “S.Giorgio”
ELENA MURER, di Bruno Rosada
Siamo nel Duemila, del tutto fuori dalle briglie del millennio precedente che ci hanno condizionato da Cimabue a Rothko.
Non parlerei però di “postmoderno”, un termine abusato e invecchiato, ma della rielaborazione di un percorso che della modernità ha ricercato le ansie e soprattutto i fallimenti verificatisi dall’espressionismo astratto in avanti.
Il problema è sempre lo stesso: quello del rapporto con la realtà esterna. Certo è un assillo che tocca i più colti. E’ un problema gnoseologico ed è un problema ontologico. Il non figurativo da Kandinski e Mondrian in poi nacque proprio da questo: ne avessero consapevolezza o no, nella materia c’è più vuoto che pieno. La realtà esterna non esiste e quello che vedo è un inganno, l’”inganno consueto” di montaliana memoria!
Così il Novecento ha iniziato l’uscita dall’inganno dei sensi, ed è la pittura colta, nel senso voluto da maurizio Calvesi, una pittura “che ha realizzato la simultaneità della memoria” e colto la concretezza della Storia, ma è colta anche e soprattutto per quello che sottintende di pensato e consapevole, e non già quindi per la sua appartenenza ad un genere che, per merito di Calvesi, trovò nell’aggettivo “colta” una sua possibile determinazione.
La pittura di Elena Murer risponde a questa condizione, o meglio a questa esigenza dell’intellettuale in questo momento storico, quella di fare una pittura che statuisca un investimento conoscitivo in progress. E a questo punto bisogna aggiungere che non è possibile oggi con questo quadro di riferimenti nessuna attività intellettuale che non sia pienamente consapevole. Non è possibile alcun inganno consueto, e meno che mai, nessun appello all’inconscio, complice la psicoanalisi.
Elena Murer è quindi un’artista colta, consapevole del significato del segno ed esperta della geografia culturale delle diverse scuole e movimenti. Il che conferisce alla sua opera, che non si limita alla pittura, considerata tutta intera, che si estende nei campi vicini delle diverse attività della grafica, un significato e un valore esaustivi.
I suoi quadri costituiscono una sorta di sviluppo logico-emotivo di quanto è contenuto nel frammento di storia reale da cui nascono. E, proprio perché essi prendono le mosse da una base così concreta di eventi e di pensieri, danno dei risultati molto seducenti.
C’è infatti in lei una forte consapevolezza, che è padronanza perché domina con la stessa energia la logica ferrea dell’ispirazione e la realtà della materia, che potrebbe a volte rivelarsi sorda al penetrar dell’arte, se non venisse dissodata da una indagine accurata del passato prossimo, cioè dalla cultura.
E il suo è uno dei diversi possibili risultati, sicuramente in questa fase storica non l’unico, ma certo uno dei più attendibili
Bruno Rosada, luglio 2011 Platinum Collection, catalogo mostra artisti italiani a Parigi
“Tutto è mio, anche se niente mi appartiene” Giusto Lipsio
STORIA DI UN INCONTRO di Erica Romano, Storica dell’Arte
Era una sera d’estate, una di quelle in cui non solo l’animo è pronto a partire, ma piedi e valigia sono una cosa sola. Mia madre mi aveva accompagnata a Sala Consilina dove avrei trascorso la serata con la mia amica Maddalena (Magda per gli amici) che poi mi avrebbe portata a prendere il pullman per Firenze. Una festa come tante altre e che come tutti gli anni si snocciolava lungo le stradine del paese. La cara Magda decise di farmi una gradita sorpresa: una mostra di una pittrice si teneva presso una galleria d’arte per cui lei aveva preparato le cornici. Ne fui molto felice. Entrai nella galleria senza pretese, come sempre, pronta a vuotare la mente per tenere desto il cuore, per non giudicare troppo velocemente con le conoscenze a mia disposizione ciò che di nuovo mi si poteva mostrare dinanzi. Feci un rapido giro e poche furono le cose di cui sentii il richiamo, fra queste una piccola e scura gitana, avvolta in una luce bianca e sfocata che la faceva vibrare come una ballerina … e difatti essa danzava. Restai in silenzio, finché Magda non mi presentò il gallerista, che si mostrò subito pronto e disponibile ad intrattenersi con noi. In verità Magda non aveva perso tempo nel presentarmi, con mio grande imbarazzo, come studentessa appena laureata in storia dell’arte … e come a volte accade, dall’altra parte si accende una curiosità mista a malizia, dove si attende che dalla nostra bocca sorgano oracoli oppure una qualche deficienza o ignoranza che metta chiaramente in difetto la teoria con la pratica del mercato … ma detto questo, io, caro lettore, sappi che mantengo sempre un religioso silenzio davanti ad ogni provocazione, fino a che proprio non posso più tenermi dentro neppure una sillaba, tanto che le parole finiscono per spingere dallo stomaco come una impellente necessità. E così feci anche quella sera, il gallerista parlava, parlava, illustrava, vantava ed io tacevo, sorridevo, annuivo. Ad un certo punto entrò in galleria una elegante signora bionda, vestita di blu, dal fascino indiscutibile: era l’artista, non avevo dubbi. Qualcuno me la presentò, non ricordo chi, c’erano di mezzo la mia amica che parlava di cornici con il gallerista, la figlia di quest’ultimo che scartava caramelle e qualcun altro che ricordava gli orari del pullman … insomma, fatto sta che avevo ragione: era l’artista! Ci salutammo: “Piacere, Elena” – “Erica”.
Due occhiate veloci … silenzio. Qualcuno fece subito notare che avremmo preso lo stesso identico pullman, fatidicamente alle 00.00, e così rimandammo tra noi ogni discorso. Attesi con intrepida ansia di poter parlare con lei, lo ammetto volentieri, a quel punto la curiosità in me regnava sovrana. Cosa si può mai chiedere ad un’artista, di cosa si parla con questi “magnifici indefinibili esseri” che io non ho mai conosciuto? Di cui solitamente si leggono le vite nei libri se sono già morti e decrepiti o che al massimo vedi forse alla tv o sulle riviste specializzate? Bah? Non ne avevo la più pallida idea, ma io ero decisa a voler parlare con lei.
Intanto la mezzanotte arrivava e con Magda andammo nella desolata stazione dei pullman.
Non c’era anima viva, sembrava una stazione fantasma, con un tiepido lampione che a mala pena illuminava la strada. Restammo a lungo in macchina a chiacchierare, fino a che vedemmo arrivare Elena accompagnata da uno dei figli del gallerista. Andammo verso di loro, ci risalutammo e chissà per quale magico intervento la conversazione si catalizzò
intorno a me ed Elena. Sembravamo ad un certo punto non avere intorno nessuno, quello che lei diceva io lo conoscevo e quello che io dicevo anticipava il suo pensiero. Un’intesa
perfetta, parlammo a lungo e intanto il pullman come al solito non era puntuale … ma mai come questa volta ero così felice che fosse tanto in ritardo. Il momento di salire però arrivò, come tutte le cose, ed ognuna prese il proprio posto. Quella notte non dormii una sola ora, sia per i sedili indecifrabilmente scomodi sia per i pensieri che iniziarono ad affollarsi nella mia testa con acrobatici salti tra vuoto e instabili appoggi, molto meglio dei trapezisti al circo!
Di lei già sapevo essere una veneta ritrovatasi a Pisa chissà per quale strano gioco negli intrecci della vita, che artisticamente il richiamo del Rosso Fiorentino le era irresistibile e di come le passeggiate fiorentine potessero risvegliarle l’animo. Ci accomunava l’interesse per la scultura e per il museo del Bargello, quale frequente luogo di rifugio, ma anche quale causa di dolori per il suo allestimento. Intanto sorse il mattino e a un’ora ormai da Firenze l’autista fece una sosta. Io ed Elena decidemmo di sederci accanto per poter parlare ancora.
La mia passione per le tradizioni e il legame profondo con la mia terra dovettero attrarla molto, tanto che proprio da questi discorsi nacque la richiesta che ha segnato inevitabilmente la vita di una qualunque studentessa come me. Mi chiese di elaborare una piccola nota critica per lei, mi lasciò il suo recapito con la promessa di scriverle non appena mi sarebbe stato possibile e per incontrarci nella sua casa di Pisa. Giunse infine il momento di salutarci davvero: io scesi a Firenze e lei proseguì il viaggio verso Pisa. Un affettuoso abbraccio ci strinse e la certezza di aver fatto un incontro memorabile mi fece scendere a malincuore quelle scalette. Arrivai a casa e non riuscii a smettere di pensarci, tanto che la gioia mi solcò il viso di tiepide lacrime, grata per quanto accaduto.
È proprio vero, il destino ci attende sulla strada di casa.
PROLUNGAMENTI
Quanto ho raccontato accadde una notte dell’agosto 2009, ma l’estate per me non era ancora finita, dopo la laurea avevo progettato grandi vacanze: dai nonni in Campania, fino ad attraversare altre cinque regioni d’Italia con i miei amici. Presto arrivò anche settembre con tutti i suoi buoni propositi e il mio imminente ritorno all’Università di Pisa per seguire i corsi della laurea specialistica. Decisi di scrivere ad Elena, piena di timore: “Magari non si ricorda più di me, magari l’incontro è stato speciale solo per me … bla bla bla” e le solite paranoie del caso, ma l’invio alla mail lo cliccai comunque decisa a provare. Dalla sua risposta ne seguì un appuntamento … il suo ricordo era vivo e vero quanto il mio. Non dimenticherò mai i primi passi mossi verso casa sua: lo studio di un’artista mi si apriva come la camera dei segreti, come lo scrigno dei tesori. Ero emozionata e non volevo sbagliare. Tuttavia non mi sentii affatto sotto esame, non sentivo di dover dare la risposta giusta a ciò che mi veniva messo davanti, ma ritenni opportuno dapprima il silenzio, come sempre: a volte parole troppo veloci tradiscono difetti di visione. Avevo bisogno di godere di ciò che vedevo, di prendere contatto con la realtà, anche se subito le sue opere mi portarono in altri mondi, quelli della mia fantasia, dei miei sentimenti, dei molteplici stati d’animo che si avvicendano all’avvicendarsi dei ricordi. Mi venne spontaneo parlare, considerare, dare la mia opinione, che per quanto modesta percepivo gradita e non fuori luogo, allora pian piano presi coraggio ed opera dopo opera sembrava mi venisse offerta la chiave per entrare nell’anticamera della sua vita.
I nostri incontri sono stati e continuano ad essere profondi e dilungatissimi colloqui, ma è davanti ad i suoi paesaggi che ci siamo conosciute, è stato davanti alla finestra
contemplando la luce migliore per mostrarmi tutti i rossi del suo Deserto rosso che ho visto Elena.
PENETRANTE VISTA D’UN PENSIERO
Le opere di Elena Murer raccontano un mondo … un mondo interiore di grande personalità.
A volte penso che se non esistesse un luogo dove potermi rifugiare credo che finirei per trovare ristoro e riparo in un quadro di Elena. Elezione del suo pennello è la natura: si tratta di paesaggi immaginati, sognati a volte, certo è che sono vissuti nella fantasia, pur richiamando con potenza la realtà. Non amo, a dire il vero, chiamarli paesaggi, vi è in questo termine qualcosa che manca e che priva di una ricchezza importante i soggetti delle sue opere. Sono veri e propri luoghi dove vive il sentimento, fermi immagine dell’emozione, casa di ogni stato d’animo possibile … da quello estremo a quello più sottile … ma lasciate parlare la grazia che queste immagini profondono. Una grazia che lascia affiorare i segreti più sepolti e l’incanto avviene davvero, perché sono opere impregnate di spirito.
La verità dello spirito di Elena è presente in ogni pennellata, in ognuna di esse vive un suo pensiero, un’emozione, un dubbio, una scelta … tuttavia, sebbene abbia fatto sua la tecnica ad olio, prediletto resta il pastello e l’uso delle mani libere sulla tela: impasto su impasto, fatica su fatica, la materia si fa leggera e le sue immagini parlanti. La porosità dei pastelli ricorda come l’uomo sia in grado di assorbire ogni esperienza della sua vita, vivendola a fondo, dal godere di essa fino ad andare giù fin dove l’anima fa male ed ogni nervo è scoperto. H. Focillon scrive: “L’opera d’arte è un tentativo verso l’unico; s’afferma come un tutto, come un assoluto; e, nello stesso tempo, fa parte di un sistema di relazioni complesse. E’ il risultato d’un’attività indipendente; traduce un sogno alto e libero; ma in essa si vedono anche convergere le energie della civiltà. Infine (per rispettare provvisoriamente i termini d’un’opposizione soltanto apparente) è materia e spirito, è forma e contenuto”. Le sue forme raccontano l’andamento del suo essere ed attraverso la forza e la profusione dei colori questo si espande fino a divagare in quelle visioni (oniriche a volte), tanto intime e care, che danno vita al prodotto finale. L’assenza poi di un modello e del disegno dicono molto sulla concretezza delle visioni, frutto di un fervido e convincente immaginario, e sulla verità delle opere stesse, nonché riguardo alle sue grandi capacità di sintesi. Sono immagini elevate e corporee dall’origine molteplice e variegata, che guardano alla natura e spesso ai grandi maestri della scultura. Sì, si tratta di una pittura che aspira assai spesso ai volumi e alle forme della scultura. È una pittura che si nutre a volte di Michelangelo e che tende al quel chiaroscuro, che attraverso spessori e assottigliamenti della materia esprime vivi sentimenti. L’individualità, tuttavia, vince di tanto in tanto quel concetto di universalità intrinseco nelle forme dell’essere.
In Elena l’essere è leggero e può per questo esprimersi, eppure quelle immagini via via s’imprimono inesorabilmente. Il legame con la natura è il legame fondamentale che
permette all’occhio di vedere con il cuore, di seguito poi l’occhio si rivolge alla mente per scovarne le immagini: “O immaginazione, che hai il potere d’importi alle nostre facoltà e alla
nostra volontà e di rapirci in un mondo interiore strappandoci al mondo esterno, tanto che anche se suonassero mille trombe non ce ne accorgeremmo, da dove provengono i messaggi visivi che tu ricevi, quando essi non sono formati da sensazioni depositate nella memoria?”
La pittura di Elena è un fermo immagine in dialogo con l’immaginazione: un mondo ricco appunto di immagini e di proiezioni. I suoi paesaggi vibrano sulle corde dell’anima e vegliano sul ricordo con riflessi di luce nascosta. Una poesia che significativamente non parla di sentimenti in modo esplicito, componente importante e fondamentale, ma che non ci è dato conoscere, poiché invade una sfera, quella dell’affettività, assai più profonda in cui è sgradita ogni invadenza. In questo le emozioni dello spettatore possono liberamente aprirsi uno spazio di comunicazione nelle e con le sue opere. Le sue immagini esistono e godono della loro esistenza pur che uno non le miri, ma qualora uno le veda (ed escludiamo ogni concetto di gusto e un qualsiasi livello di comprensione), finirà per ammirarle anche per il solo fatto che vedendole, si accorgerà che in qualche modo gli appartengono: “eppure le ho già viste!!
Ma certo, nella mia mente!!”.
In questo la sua unicità e assolutezza si scioglie in collettività ed universalità: la comunicazione tra lei ed il suo spettatore avviene e diventa sottile e privilegiata.
BIBLIOGRAFIA
I. CALVINO, Lezioni Americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Milano 2002., H. FOCILLON, La vita delle forme. Seguito da Elogio della mano, Torino 2002.
M. PONTY, L’occhio e lo spirito. , E. GOMBRICH, La storia dell’arte, Hong Kong 2000.
NOTE
J. ROTH, Il mercante di coralli., C. BRONTE, Jane Eyre., H. MELVILLE, Moby Dick.
Erica Romano
PROFILO D’ARTISTA
Elena Murer riporta su tela paesaggi emozionanti ed emozionati, sfumando i sentimenti attraverso una nebbia indistinta che stempera i colori, richiamando piuttosto le profondità dell’inconscio. Le forme e le tinte restano vicine al reale ma, al contempo, acquisiscono un significato più intimo e trascendente, seguendo la scia di un’evoluzione pittorica che sembra andare da William Turner a Frederic Edwin Church. La scelta dei colori traduce uno stato d’animo transitorio, la vaghezza di un istante incorporeo o gli accenti vivi di qualcosa di inaspettato che appare sullo sfondo dando senso inedito alla superficie. In questa visione prevale la sensazione dello spostamento soggettivo e la luce diventa assoluta protagonista di un fraseggio quasi musicale, in cui le pennellate accennano e suggeriscono la presenza umana, riempiendo i contorni di minuscoli punti brillanti. Non si tratta di vuoti contenitori ma, al contrario, di pienezza e guizzi messi a nudo con una risonanza universale e quasi aliena.
Da un riferimento oggettivo, l’artista crea un mondo di sovrapposizioni e linee che sconfinano nell’idea del puro movimento del vento. Lo spazio, suddiviso in stratificazioni e tasselli contigui, sfiora i territori dell’astratto esalando l’importanza dell’azione come mezzo d’introspezione: dalla levità dell’aria alla granulosità della sabbia, dll puro chiarore del cielo alle aperture improvvise di radure quasi minacciose. Lontano dalla concezione scientifica del puntinismo, questi tocchi non si attengono prettamente alla percezione ottica, ma si possono leggere come le lettere di un diario che l’osservatore deve interpretare grazie alla propria esperienza individuale, rielaborando i panorami in chiave onirica come avveniva per i lavori dell’epoca psichedelica o per le stampe a pigmenti di Annelies Strba-Nyma: i valori assegnati a ciascun capo cambiano in funzione di un personale viaggio sciamanico, che ricorda il ribollire di uno dei “Sogni” di Kurosawa.
A cura di Elena Colombo e Andrea Rossetti, “Profili d’Artista, Satura Edizioni, Genova 2013